Dal terrazzo nascono i fiori: il fascino melanconico di Anna Marchesini

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RUBRICA COVERS
di Lara Palummo

Dal terrazzo nascono i fiori: il fascino melanconico di Anna Marchesini

«Quasi sempre erano gerani. Un colore spento, si sarebbe detto quasi lilla, il fiore moscio, pallido opaco, insulso; non attirava nemmeno una vespa».

L’incipit de Il terrazzino dei gerani timidi di Anna Marchesini (Rizzoli, 2011) ci racconta di uno sparuto assembramento di fiori sul piccolo balcone che la protagonista una bambina appena catapultata nella sua nuova casa abita guardando il mondo dall’alto, circospetta, curiosa, aperta alle occasioni, alle boccate di ossigeno, alla vita.
«Pensavo di averla imparata lì la malinconia, nel terrazzino dei gerani timidi; poco più di un metro quadrato in sospensione, una funivia dei poveri, affacciato nel silenzio immobile di un tetto di tegole di terracotta, ondulate come barche» scrive l’autrice, che ripercorre la sua infanzia con gli occhi raffinati di un’adulta, rimodulando ciò che era, nella sua Orvieto degli anni Cinquanta e Sessanta. Anna Marchesini, l’attrice e la regista teatrale, la doppiatrice, la scrittrice, la comica e l’imitatrice scomparsa a soli sessantadue anni il 30 luglio di quattro anni fa.
E questa bambina-adulta, illustrata di spalle, immaginata così, con due codini scompigliati, un vestitino di cotone senza troppe pretese, di un colore grigio cenere, come le ali della farfalla che volteggia alla sua sinistra (quella che in una pagina del romanzo tiene fra le dita, per poi rovinare a terra, provando ad aggrapparsi, zoppicando, all’aria, al suo unico giorno di vita, sicuramente di primavera). E, a bilanciare il piedino nudo che spunta da sotto la gonna, dall’altra parte, una bacchetta magica, sì, una bacchetta delle fate, a forma di stella, con delle pietre luccicanti, delle piume e un nastrino di raso.
La foto in copertina, Agnes on the table, è di Davina Feinberg Zagury, artista, educatrice e fotografa israeliana specializzata in ritratti di bambini e di famiglia. Il progetto grafico è di Francesca Leoneschi. Lo sfondo è naturalmente bianco, come le pagine da scrivere, come la mente di un bambino, tutta da riempire, giorno dopo giorno.

«Nei pomeriggi più caldi d’estate, le mosche vinte da una indolente beatitudine ci svenivano dentro». Che brutto posto questo terrazzino, ma al contempo così utile e delizioso per le fantasie di un’artista unica. È sempre così, si traggono le ispirazioni, si scoprono le epifanie, le vocazioni e i sogni, nei posti apparentemente meno nobili, come può esserlo un terrazzino affacciato su un giardino incolto. Perché è probabilmente nei momenti bui, a prima vista insignificanti, immobili, che abbiamo l’occasione di fare riserva di fantasia, di buone pratiche, di ritrovamenti interiori.

Cosa avrebbe scritto e consigliato la Merope Generosa nei mesi del lockdown epocale? Probabilmente non «un’ammucchiata, una serata di esperienze collettive» e riunioni spudorate nei suoi seminari, bensì rivalutati e modesti incontri col «cadavere». Oppure, per citarne solo alcuni dei suoi notissimi personaggi, avrebbe rivestito i comodi panni della Sora Flora, affacciata alla finestra, quelli vestiti da molti di noi nei mesi solitari e casalinghi del primo semestre del 2020. Di certo le sarebbe stato difficile indossare quelli della Signorina Carlo, «che siccome che sono cecata» non era il caso di incappare in qualche poliziotto scrupoloso che avrebbe domandato l’autocertificazione «precipitandovisi», «virgola e punto e virgola, due punti».
Oppure ci avrebbe passati tutti in rassegna, come Gertrude, la monaca di Monza, apostrofandoci con vezzeggiativi quali «racchie» e invitandoci a darci una sistemata: «taglia le baffe», «te, magna de meno», «giù, un’ora di vergogna», «tu, fatte la barba». «Quanto me sa brutto ‘sto posto, non ce voglio sta più qui dentro, brutte siete, tutte quante».
E poi, dopo settimane e mesi di fermo, si sarebbe ritrovata sul balconcino di gerani, per fare sua l’aria di quei mesi di riflessione e solitudine, per dare forma alla nuova lei che sarebbe nata dalla quiete interna delle sue quattro mura con vista e dal caos esterno che avrebbe guardato con i suoi occhi di comica, serissimi.
«Respirai. Nel cielo ormai bianco, uno stormo si esibiva in volo, preciso e sfrenato come una pattuglia acrobatica; la sua danza accordata e felice sfidava l’inerzia avara di quell’angusto quadrilatero dei gerani corroso dal silenzio».

Per Rizzoli, Anna Marchesini ha pubblicato anche Di mercoledì (2012) e Moscerine (2013).


Lara Palummo è redattrice ed editor per Compagnia editoriale Aliberti. Laureata in Pubblicità, editoria e creatività d’impresa nel 2013 presso l’ateneo di Modena e Reggio Emilia, ha collaborato con piccole realtà del web e della radio. Sue illustrazioni si possono trovare nel libro umoristico Salviamo il mondo delle Iene Pio e Amedeo e nel libro per bambini La favola è in tavola di Carmela Cipriani.

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