Effetto “Nouvelle Vague”

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Alcune note sulla Nouvelle Vague, la corrente della cinematografia francese nata da un gruppo di giovani critici cinefili i quali, divenuti registi, tra gli anni ’50 e ’60 rivoluzionarono il vecchio modo di fare cinema ridefinendone le tecniche, le modalità del racconto, la figura del regista, il modo di catturare e di ricostruire la realtà.

“La fotografia fissa la verità. Il cinema filma la verità 24 volte al secondo”
da “Le petit soldat”  di Jean-Luc Godard, 1960

L’espressione Nouvelle Vague rimanda a un periodo della storia del cinema francese compreso tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta e definisce un fenomeno complesso, costituito da un insieme di autori, di film, di idee e di trasformazioni culturali che nel giro di pochi anni hanno cambiato il modo di intendere il cinema, il ruolo dell’autore, il rapporto con la tecnica cinematografica e con i fermenti di una nuova società. Con la guerra d’Algeria e le crescenti rivendicazioni sociali, stava infatti emergendo una generazione che studiava, lavorava, faceva politica e si esprimeva in modo diverso da quelle precedenti: una generazione, che, tra l’altro, frequentava assiduamente  le sale cinematografiche ed esigeva un cinema in grado di rispecchiare questo suo nuovo modo di vivere.

Tra le molte riviste di critica cinematografica care a questo nuovo pubblico, la più celebre fu Les Cahiers du Cinéma, fondata nel 1951 da André Bazin e altri, attorno alla quale si raccolsero molti giovani critici come Eric Rohmer, Jacques Rivette, Jean-Luc Godard, Claude Chabrol, François Truffaut, i quali, grazie anche al Centre National du Cinéma, che nel 1959 aveva introdotto un premio di qualità per finanziare le opere prime sulla base delle sceneggiature, avrebbero presto esordito alla regia dando vita a quel movimento che prenderà appunto il nome di Nouvelle Vague.

Proprio dalle pagine dei Cahiers, Truffaut e gli altri si erano fatti promotori della “politica degli autori”, sostenendo che il regista era il solo autore del film, concentrando l’attenzione, più che sulla singola opera, su ciò che dell’autore rivelava la poetica e lo stile personali. Questa ricerca li portò a riscoprire e rivalutare, anche attraverso le loro assidue frequentazioni della  Cinémathèque Française, maestri come Jean Renoir, Orson Welles, Roberto Rosselini , ma anche registi ritenuti di genere come John Ford, Alfred Hitchcock, Nicholas Ray, Howard Hawks, Robert Aldrich, Fritz Lang. Concentrando l’attenzione sulla figura del regista, il film diventava qualcosa di privato, una sua espressione personale che abbandonava  l’impersonalità del cinema precedente per puntare la cinepresa sulla realtà, dandole una forma sempre diversa, catturandola nelle sue più autentiche espressioni. Tutto questo determinò un cambiamento anche nelle tecniche di ripresa: eliminando attrezzature troppo costose e scenografie elaborate, i film venivano  girati alla luce naturale del giorno (come per Effetto notte di Truffaut), per strada o in appartamenti di fortuna, con attori poco noti e con una troupe tecnica essenziale  munita di nuovi mezzi più leggeri – le cineprese 16 mm e il Nagra per la registrazione del sonoro – che permettevano di servirsi della camera a mano, inaugurando la tecnica della “camèra-stylo”: la presenza della cinepresa non era più nascosta  ma diventava  uno strumento di scrittura attraverso un nuovo uso di campi e controcampi, degli sguardi in macchina, dei dialoghi, con sceneggiature aperte a tutto quello che della realtà poteva essere estemporaneamente catturato e senza escludere il “furto” di citazioni da altri film.

L’affermazione  della Nouvelle Vague fu dovuto a quattro opere uscite fra il 1958 e il 1960: Le Beau Serge (1958) e I cugini (1959) di Claude Chabrol, I quattrocento colpi (1959) di François Truffaut, che vinse al Festival di Cannes il Premio per la Miglior Regia e Fino all’ultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard, il film più innovativo tra questi primi quattro, che vinse a Berlino l’Orso d’Argento per il Miglior Regista. Il successo dei film di questi autori fu in gran parte dovuto al fatto che i protagonisti erano uno specchio della loro generazione inquieta, scanzonata  e irriverente verso il passato, l’autorità, la famiglia, il lavoro, vagabondi frequentatori di locali e caffè notturni e, in molti casi, proprio di sale cinematografiche. Eric Rohmer, Alain Resnais, Louis Malle, Jaques Rivette, Agnès Varda sono altri autori tra i più noti di questo movimento, così come Jacques Demy, Jean-Pierre Melville, Jean Rouch e Roger Vadim che, pur con una formazione differente, ne condivisero i valori. 

L’esperienza della Nouvelle Vague si esaurì in pochi anni lasciando però film che, oltre a quelli già citati, sono pietre miliari nella storia del cinema moderno:  Ascensore per il patibolo (1958), Les amants (1958) e Zazie nel métro (1960) di Louis Malle, Parigi ci appartiene (1958) di Jaques Rivette, Tirate sul pianista (1960), Jules et Jim (1962) e più tardi Effetto notte (1973)di François Truffaut, Questa è la mia vita (1962), Il disprezzo (1963) e Il bandito delle 11 (1965) di Jean-Luc Godard, Hiroshima mon amour (1959)e L’anno scorso a Marienbad (1961) di Alain Resnais, Il segno del Leone (1959) e La fornaia di Monceau (1962) di Eric Rohmer, A doppia mandata (1959) di Claude Chabrol , Cléo dalle 5 alle 7 (1962) di Agnes Varda, senza dimenticare l’influenza avuta in seguito su registi come Philippe Garrel, André Téchiné, Bertrand Tavernier, Claude Sautet e sugli americani Arthur Penn, Robert Altman, Francis Ford Coppola, Brian De Palma, Martin Scorsese e Quentin Tarantino.

www.cinetecadibologna.it/nouvellevague
www.cinetecadibologna.it/jeanlucgodard
www.cinetecadibologna.it/cinevarda

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