Consigli di cinema: Arrival

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Arrival di D. Villeneuve con A. Adams

Dodici astronavi atterranno su parti diverse della terra, rimanendo lungamente impassibili senza palesare alcun tipo motivazione che le hanno spinte a raggiungerci. Si forma una squadra con lo scopo di stabilire una comunicazione con gli alieni, tra i componenti vi sono: la linguista Louise Banks e il fisico Ian Donnelly oltre ai componenti dell’esercito americano.

Louise riesce a stabilire un contatto con questi esseri che vengono ribattezzati “eptapodi”, riuscendo a decriptare il loro sistema di comunicazione che si rivela completamente diverso dal nostro; man mano che Louise si addentra nel linguaggio alieno riesce anche a comprenderne la loro natura, ma nel contempo è vittima di strane visioni; queste visioni sono finestre sul futuro e sono la vera e propria essenza comunicativa aliena di cui Louise ne ha ormai completo accesso.

Nella crescente attesa gli eserciti si preparano ad attaccare le navi, ma vengono fermati in tempo dalla linguista, che rivela le loro intenzioni: portarci in dono il loro linguaggio, uno strumento con cui è possibile vedere il futuro, in cambio di un aiuto che sanno già di dover chiedere agli umani tra 3000 anni. Gli alieni lasciano la terra e Luise ormai in possesso di questo dono sa che si legherà ad Ian e che ……….

Arrival è tratto dal racconto di fantascienza “Storia della tua vita” di Ted Chiang, ed  è un bellissimo film diretto da uno dei registi contemporanei più interessanti: Denis Villeneuve. In passato diverse pellicole hanno  cercato di parlare di alieni e di comunicazione con gli stessi: in Ultimatum alla terra (1951) ascoltiamo per la prima volta una parola aliena, con  Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) intuiamo che suoni e luci possono essere un codice universale e in Contact (1997) si utilizzano sequenze matematiche per la ricezione e lo scambio dei messaggi.

In Arrival abbiamo degli esseri che comunicano con forme vocali che si possono esprimere anche visivamente, ma con una struttura  grafica del tutto indecifrabile senza nessun possibile legame con ciò che finora è stato proposto, oltre a questo la lingua si accompagna ad un’altra forma percettiva che consente a chi la conosce di avere una differente percezione del tempo. Il film si basa sull’ipotesi di Sapir-Whorf  una teoria che afferma che lo sviluppo cognitivo di un essere umano è influenzato dalla lingua che parla, Louise mentre completa la conoscenza del vocabolario alieno ne entra quasi in simbiosi fino a far divenire suo il loro linguaggio, assimilando anche la possibilità di vedere il futuro, questa capacità gli potrà permettere di impedire una guerra ma la condannerà a conoscere già le disgrazie che gli accadranno.

Un aspetto che coniuga tutti quanti: la possessione di uno specifico impianto comunicativo in cui ci riconosciamo: che diventa nostro, per natura, per acquisizione, che ci lega alle origini e si evolve con le conoscenze apprese, plasmandoci e distaccandoci da quel preconcetto che ci vuole soggetti di una determinata etnia solo per origine, anagrafe e tratti somatici e non come individui la cui conoscenza di un linguaggio ne determina la sua reale appartenenza. Così sappiamo sin da subito che Louise avrà una bambina che morirà giovanissima: non esistono spoiler quando la linea del tempo non ha un verso. Manomettendo la canonica visione del tempo, Storia della tua vita di Ted Chiang e Arrival di Denis Villeneuve  pongono la stessa domanda: Può il futuro essere vero quanto il passato? Alla quale ne segue un’altra, ancora più pressante: E noi che ci facciamo in tutto questo?

di Sandra Campanini
Responsabile Ufficio Cinema del Comune di Reggio Emilia



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