Covers_gruppo 63

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RUBRICA COVERS
di Lara Palummo 

«Un libro non si giudica dalla copertina».

Niente di più falso, un libro è (anche) la sua copertina. Ha tante cose da raccontarci, proprio come le pagine che racchiude e presenta. È senz’altro una soglia, il primo tentativo di approccio per farsi comprare e poi leggere.  Difficilmente ce ne dimentichiamo e – ammettiamolo – quanti di noi si fanno ingannare volentieri da un buon accostamento di colori, grafica e lettering?  Le copertine, così come le intendiamo oggi, nascono nell’Ottocento, con il diffondersi della pubblicità e dell’editoria, della cartellonistica, dei grandi magazzini, dell’esposizione delle merci, della persuasione all’acquisto come pratica di consumo. Capita che una buona copertina decreti il successo di un libro o, al contrario, un irrimediabile fallimento. Come cambiano e chi le porta a compimento?

COVERS non si fermerà sull’uscio della copertina ma cercherà di entrarci, facendo una sosta negli uffici editoriali, sulle scrivanie degli autori e, perché no, nella storia.

1963. Romanzo sperimentale, prove tecniche per il futuro

Nel 1963 il mondo era un posto in bilico, il boom economico stava manifestano le sue prime fragilità, il modello borghese iniziava a scricchiolare sotto stivali colorati in pelle, la musica dei figli non era più quella dei padri, i Beatles cantavano da almeno tre anni, la guerra del Vietnam era realtà da otto. A giugno del 1963, in Italia, moriva l’amatissimo papa Giovanni XXIII, a novembre dello stesso anno, a Dallas, sarebbe morto uno dei più compianti presidenti americani, John Fitzgerald Kennedy. In quell’esatto arco temporale il governo italiano attraversava un momento di transizione, presidente del consiglio era Giovanni Leone. A dicembre sarebbe nato il primo governo Moro. E a Solunto, frazione marinara del comune di Santa Flavia, in provincia di Palermo, nell’hotel Zagarella, aveva luogo un curioso convegno di giovani intellettuali, critici del canone letterario degli anni Cinquanta, figlio del neorealismo prima e del perbenismo poi. In quell’ottobre del 1963 nasceva il Gruppo 63. 

Una neoavanguardia, il cui nome nasce da un’idea di Luigi Nono, sulla traccia del Gruppo 47, il movimento culturale nato a Monaco di Baviera nel 1947. Quello sorto nella punica città della poi borbonica provincia, nella culla del Mediterraneo, fu un movimento élitario, eco del marxismo e proselito dello strutturalismo. Senza un manifesto, perché non di avanguardia si trattava, senza documenti ufficiali, fonda il suo perno sull’esperimento, delle forme linguistiche come dei contenuti.

Questo bizzarro gruppo, composto da scrittori e artisti come Alberto Arbasino, Luciano Anceschi, Nanni Balestrini, Renato Barilli, Giorgio Celli, Furio Colombo, Corrado Costa, Fausto Curi, Roberto Di Marco, Umberto Eco, Enrico Filippini, Giorgio Manganelli, Giulia Niccolai, Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Adriano Spatola, Aldo Tagliaferri, Sebastiano Vassalli e molti altri ancora, si interrogava, per esempio, sul futuro del romanzo. E per farlo, cosa tira fuori la casa editrice Feltrinelli nel quanto mai prossimo 1966? Il Gruppo 63. Romanzo sperimentale, una raccolta antologica degli atti del terzo convegno isolano, quello del settembre 1965. Con una copertina talmente innovativa che anche la casa editrice L’Orma nel 2013 ripubblica nella sua veste originale, segnalando in appendice e in copertina un aggiornamento Col senno di poi. A differenza della storica edizione, infatti, la copertina è più ordinata, meno rivoluzionaria, a cominciare dall’assenza del testo che invece allora compariva in prima, sovvertendo il prière d’insérer, e che recitava così:

«Palermo 1965, che cosa intende per romanzo la nuova avanguardia italiana? Sta per nascere un nuovo romanzo d’avventura? C’è un’ala “cinese” nell’avanguardia italiana? Su questo e altri temi, a Palermo, dal 3 al 9 settembre 1965, hanno dibattuto i critici e gli scrittori del Gruppo 63».

Il testo quasi trasborda dai margini, la parola sperimentale è spezzata, va a capo. Tutto trasuda unicità e novità. Invito a farsi notare, soprattutto, per dire qualcosa di diverso. Sembra quasi volersi collocare nelle copertine “nuove”, simili a quelle “antiche”, se per antiche intendiamo quelle ottocentesche, dal momento che prima non esistevano, o meglio, presentavano nel migliore dei casi una rilegatura in cuoio con qualche indicazione sommaria su titolo e autore. 

Quella del Romanzo sperimentale sembrerebbe quasi un frontespizio a due colori. Tutto il peritesto, per usare un termine coniato da Gérard Genette (Soglie. I dintorni del testo) è di fatto una soglia in cui sostare prima di entrare dentro al libro e attraversarlo. Un margine che, come diceva Philippe Lejeune, è «una frangia del testo stampato che, in realtà, dirige la lettura».

Il gruppo, che in quell’ottobre fece la sua rivoluzione, si sciolse nel 1969, dopo aver dato vita alle riviste Malebolge, Quindici e Grammatica, influenzando anche collane editoriali coeve, come Materiali di Feltrinelli o più tarde, come La ricerca letteraria di Einaudi. E già nel 1968, a Reggio Emilia, di loro Giorgio Manganelli (che del gruppo faceva parte) dirà che «il Gruppo non ha un Manifesto, non ha una teoria, non ha mica una ortodossia, è un club di persone irritate… no, di persone disoneste, direi, di persone disoneste a vari livelli di coscienza ma disoneste, altrimenti non ci sarebbe alcun motivo di fare un club».


Lara Palummo è redattrice ed editor per Compagnia editoriale Aliberti. Laureata in Pubblicità, editoria e creatività d’impresa nel 2013 presso l’ateneo di Modena e Reggio Emilia, ha collaborato con piccole realtà del web e della radio. Sue illustrazioni si possono trovare nel libro umoristico Salviamo il mondo delle Iene Pio e Amedeo e nel libro per bambini La favola è in tavola di Carmela Cipriani.

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