Ann-Sofi Sidèn_Same unknown

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testo a cura di Francesca Monti
Fin dalla prima edizione del 2006 Fotografia Europea si è caratterizzata per la forte volontà di commissionare progetti fotografici originali che si confrontassero con il tema dell’edizione in corso. In questo modo la manifestazione assunse immediatamente un taglio sperimentale e di ricerca, dando la possibilità agli artisti coinvolti di confrontarsi liberamente con il tema e di restituire riflessioni e stimoli innovativi sui temi della contemporaneità. Le produzioni originali vennero poi  acquisite dal Comune di Reggio Emilia al fine di arricchire il patrimonio artistico della città.

Umano troppo umano era il titolo e tema chiave della terza edizione di Fotografia Europea, dedicata al controverso concetto di corpo indagato nelle sue molteplici e a volte radicalmente opposte accezioni. Fra i quattro artisti internazionali invitati nel 2008 ad interrogarsi, in modo diverso, sul tema del corpo ci fu l’artista norvegese Ann-Sofi Sidén, il cui lavoro, Same Unknown, venne esposto allo Spazio Gerra dal 30 aprile all’8 giugno 2008.
Per realizzare la sua installazione furono coinvolte, tramite una chiamata pubblica sui media locali, circa 200 persone, invitate a scivolare giù da un palo metallico. Ann-Sofi Sidén affermò che l’idea le venne dopo la visita fatta alcuni anni prima all’interno di una caserma dei vigili del fuoco dove vide il palo utilizzato per le discese di emergenza. Contestualmente si interrogò sul “riflesso di Moro”, un istinto che si manifesta nei neonati fin dal primo mese di vita e che scompare entro i sei mesi: una reazione impulsiva e improvvisa, il riflesso di un abbraccio.
Venne allestita una struttura composta da due ponteggi, uno contenente il palo metallico e la scala di risalita, e uno per le telecamere di ripresa video. La lavorazione fu simile a quella di un vero e proprio set cinematografico.


 

 

 

Si presentarono moltissime persone: danzatori, medici, calciatori, operatori ecologici, vigili urbani, ristoratori, artigiani (molti riconoscibili per gli abiti tipici o le divise), giovani, anziani e stranieri che vivono a Reggio Emilia: prima della discesa le persone dovevano dichiarare il proprio nome e la città di provenienza.
Il modo in cui le persone scivolano dal palo, una semplice e brevissima operazione, richiede molta concentrazione. Il linguaggio del corpo e l’espressione del viso di queste persone ci dicono molto sulla loro personalità, anche in un lasso tempo così breve e fugace. Rivelati dalla videocamera, i dettagli del corpo e l’espressione del viso di queste persone, di diversa età e provenienza, ci raccontano qualcosa sulla vulnerabilità, su chi sono o chi vorrebbero essere, sul dove e il perché, sulla fragilità della vita e la sua brevità.
Ann Sofi Sidén dichiarò di aver scelto di lavorare su tempi così rapidi poiché la velocità è una metafora della vita, un simbolo, e il palo rappresenta un asse attorno al quale la vita scende a diverse velocità, sempre verso l’ignoto: istintivamente tutti sentiamo la necessità di aggrapparci a qualcosa, così come fanno i neonati che, con una reazione inconsulta, reagiscono all’impressione di caduta con un’ improvvisa apertura delle braccia in una sorta di abbraccio. In questa discesa, costretti ad affrontare questa operazione, le persone ritornano a un istinto primordiale: guardare in alto e cadere giù, restando attaccati a qualche cosa che è già passato nel momento in cui accade. 

Le riprese video vennero montate in sequenza su nove monitor fissati a un palo simile a quello usato per la performance, che correva, come un elemento continuo, lungo i tre piani dello Spazio Gerra ed era visibile dall’esterno, attraverso la grande vetrata di una delle facciate. Dall’esterno dell’edificio quindi i passanti avevano l’impressione di vedere davvero le persone scivolare lungo il palo, dal piano più alto al piano più basso dell’edificio.


In occasione della  53^ Esposizione internazionale di Arte alla Biennale di Venezia del 2009, Sidén riprese il materiale video raccolto a Reggio Emilia con il titolo di Same Unknown (strains 1, 2 and 3) aggiungendo una partitura sonora scritta da Jonathan Bepler. L’opera venne esposta all’Arsenale Novissimo nell’ambito della mostra “The Fear Society” prodotta dalla Regione autonoma di Murcia.
Il padiglione della regione spagnola aveva come tema la “Società della paura”. Nell’intervista che accompagnò la mostra, Sidèn ripercorse la lavorazione effettuata durante Fotografia Europea 2008 a Reggio Emilia: “Molte persone non avevano mai provato prima a scendere lungo una pertica. Messi a confronto con questa prova apparentemente semplice, molti combattevano con la paura dell’altezza e cercavano di capire come arrivare a terra senza farsi male, altri semplicemente si divertivano. Questo è il momento che abbiamo catturato, un momento in cui l’autocontrollo è ridotto”.

 

Nel 2011 nella cittadina di Kumla in Norvegia, l’installazione con il titolo “Same Unknown (Italian Hieroglyphs)” ha trovato una collocazione permanente in forma ancora differente: le immagini dei 200 cittadini di Reggio Emilia che si calano dalla pertica sono state riprodotte su 750 piastrelle in ceramica che, assemblate, rivestono la facciata di un edificio entrato poi a far parte, fra l’altro, del percorso culturale per turisti a Kumla.


 

Biografia

Ann-Sofi Sidén è un’artista nata a Stoccolma nel 1962. Vive e lavora tra Berlino e Stoccolma ed insegna al Royal Institute of Art di Stoccolma. Si è diplomata presso la Hochschule  der Kunste di Berlino come miglior studentessa nel 1990. Ha ricevuto importanti premi nel corso della sua carriera tra cui nel 2003 l’Atelier Augarten a Vienna e nel 1998 il First Prize in Statens Kunstrad Public Sculpture Contest a Stoccolma.
Fa parte di quella generazione di artisti che ha sviluppato un approccio anti-formale negli anni ’80 usando performance, scultura, foto e film come componenti essenziali del loro lavoro. Nel ritrarre la condizione umana esplora la dimensione delle strutture gerarchiche, spesso attraverso indagini site specific, facendo emergere conflitti nascosti, anomalie, vulnerabilità e anche indagando la perdita di controllo dell’individuo.
I suoi lavori più recenti sono “Curtain Callers” del 2011 in collaborazione con il compositore Jonathan Bepler e un’opera , Trisyessa, realizzata insieme al compositore Jonas Bohlin, per la Royal Opera di Stoccolma nel 2015.
Le mostre collettive più recenti includono: KIASMA-Museum of Contemporary Art, Helsinkinel 2008; Biennale di Venezia 2009;Wanås Foundation Knisslinge Svezia eModerna Museet Stockholm nel 2010; Biennale di Curitiba, Curitiba, Brasile nel 2013 ; XIX Biennale di Sydney nel 2014. Ha partecipato a Manifesta 2 in Lussemburgo nel 1998 e all’edizione 2001 della Biennale di Berlino.
Le sue ultime mostre personali recenti sono: Same Unknown, presso Spazio Gerra, a Reggio Emilia e In Passing presso Bonniers Konsthall, Stoccolma nel 2008; Curtain Callers presso Royal Dramatic Theatre, Stoccolma e The Wigmakers Visit presso Sigmund Freud Museum, Vienna nel 2011; Curtain Callers presso Galerie Barbara Thumm, Berlino nel 2012.

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