Ridere è un atto rivoluzionario_Intervista a Joan Fontcuberta

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In occasione della chiamata pubblica CURIOSA MERAVIGLIOSA, vi proponiamo l’intervista a Joan Fontcuberta di Francesca Cedraro, che lavora presso l’assessorato Cultura del Comune di Reggio Emilia.

-Sei un artista poliedrico: fotografo, docente, saggista, curatore e scrittore…cosa ti stimola di più nel tuo lavoro? Cosa non fa placare mai la tua ricerca curiosa e su quali aspetti ti soffermi?
La vita è un’avventura appassionante e vorrei avere la possibilità di sperimentarla in tutta la sua ricchezza e al massimo delle sue potenzialità. Mi sembra di non aver mai abbastanza tempo, ma non mi considero iperattivo, vorrei solamente essere più saggio, senza sembrare presuntuoso, e vivere più intensamente. Vengo dal mondo della comunicazione, ho lavorato nel giornalismo e nella pubblicità, e concepisco il linguaggio come ciò che ci rende umani con tutti i pro e contro del caso. Con il tempo mi sono specializzato nel linguaggio visuale e in particolare nella fotografia, che incarna una determinata sensibilità contemporanea, un certo modo di abitare il mondo. Poter dedicarsi professionalmente a questo tipo di questioni è un privilegio. Se mi chiedono quando lavoro, rispondo che sto sempre lavorando. E se mi chiedono quando vado in vacanza, la risposta è che sono sempre in vacanza. Non c’è differenza. Ed essendo così fortunato ho il dovere di stare sempre con le antenne drizzate.

-In queste settimane, con il tuo progetto di arte pubblica “Curiosa Meravigliosa” per il Palazzo del Musei Civici, i cittadini e cittadine di Reggio Emilia stanno cogliendo il tuo invito a stupirsi e fotografarsi, in attesa dell’esito della tua opera che si svelerà nei prossimi mesi. Perché questo titolo?
Il titolo si riferisce agli antichi Wunderkammer, le collezioni di eccentricità che nei secoli scorsi attiravano l’attenzione delle persone colte. I Wunderkammer rappresentano la fase precedente ai musei moderni. Nei Wunderkammer ha il sopravvento ciò che è singolare, mentre nelle collezioni moderne si privilegiava la categoria e l’ordine. In ogni caso il motore è sempre stato la forza irrefrenabile della curiosità, come anche la nostra capacità di meravigliarci di fronte alle sorprese che ci offre il mondo. La curiosità è ciò che ha permesso di superare i pericoli dell’oceano ed arrivare alle Americhe. La curiosità è ciò che oggi ci spinge a inviare le sonde su Marte.

-Il lavoro sarà un’opera di arte pubblica e collettiva: perchè?
C’è eccessiva megalomania nell’arte, una caratterista sicuramente favorita dal mercato e dall’industria culturale. Nei mezzi di comunicazione l’arte fa notizia solo quando un’opera risulta sorprendentemente bizzarra o quando nelle aste raggiunge delle quotazioni astronomiche. Invece per me la creazione artistica deve recuperare la sua dimensione sociale, la sua capacità di resilienza comunitaria, le potenzialità di agitatrice sociale e la volontà di integrazione in un’intelligenza collettiva… Nel XXI secolo dovremmo essere capaci di andare oltre la concezione dell’artista individuale che viene considerato un genio. Il mio ruolo in questo caso si limita a proporre un’azione e a catalizzare le energie delle
persone. Chi partecipa mandando le proprie foto può essere considerato il coautore della sinfonia visuale che realizzeremo insieme, nello stesso modo in cui i musicisti di un’orchestra sono co-interpreti del brano che eseguono. L’artista tradizionale si considera il proprietario della sua opera; io, al contrario, privilegio l’idea della condivisione piuttosto che quella della proprietà.

-Come realizzerai l’opera? Come pensi di assemblare migliaia di foto? Ci racconti qualcosa sul programma (software) che utilizzi ?
Abbiamo lanciato un appello alla partecipazione popolare perché chiunque lo desideri possa condividere, attraverso le proprie fotografie, ciò che attrae la sua curiosità e il suo stupore. Queste immagini costituiranno la materia prima di un grande murale mosaico, realizzato con la tecnica della fotoceramica, un procedimento antico molto resistente usato per foto che andavano collocate all’aperto, come ad esempio i ritratti funebri nei cimiteri. Per confezionare il mosaico, utilizzerò un freeware per fotomosaici. Questo programma consente di frazionare un’immagine fonte in un numero determinato di celle che in seguito saranno sostituite da altre foto la cui dimensione è ridotta alle celle dell’immagine iniziale. Come risultato finale, l’immagine fonte si ricompone attraverso una trama di tessere che corrispondono alle foto inviate dai partecipanti.

-Il tuo rapporto con la nostra città è di lunga data e lo definirei affettuoso, soprattutto molto legato al nostro Museo. Parlaci di questo legame.
Nel 1980 Nino Migliori mi propose di realizzare un progetto fotografico a Bologna e in Emilia Romagna. Mi affascinavano i musei che mantenevano intatta l’atmosfera delle origini e rimasi molto colpito dai Musei Civici. Scattai allora alcune foto che ancora oggi mi sembrano valide. In seguito ho assistito a diverse edizioni del festival di Fotografia Europea, e questa frequentazione, oltre che a livello professionale, ha fatto nascere relazioni ed amicizie. Reggio Emilia mantiene per me una dimensione umana molto accogliente, che ti fa sentire a tuo agio.

-Un’ultima domanda legata al periodo difficile che stiamo vivendo. C’è sempre più il rischio che si spenga la curiosità, e soprattutto i più giovani ne sono vittime: avresti per loro qualche consiglio per mantenere una mente curiosa, che esplora, che sa immaginare anche l’inimmaginabile?
Non penso che la curiosità possa spegnersi, il problema può essere piuttosto che la crisi (sanitaria, ma allo stesso tempo politica, economica e valoriale) confini la curiosità in zone marginali e di subordinazione. Ad esempio, l’industria dell’intrattenimento ha già marginalizzato il piacere della lettura. Il rimedio, a mio avviso, è una forte dose di pedagogia critica, cultura e creatività. Si deve ribadire che la creatività è la cosa più divertente al mondo e rende felici. Vanno anche recuperati la solidarietà e l’impegno politico. Bisogna far capire che ridere è un atto rivoluzionario.

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