Note di filosofia. Lumi, fari, fanali

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Note di filosofia

Ivan Levrini ed Enrico Bizzarri, docente ed ex docente al Liceo Ariosto-Spallanzani, sono gli ideatori e curatori di Verso sera, ciclo di conversazioni e letture di filosofia promosso dalla Fondazione I Teatri di Reggio Emilia.


Eppure certi filosofi l’avevano detto. Ci vuole coraggio, insisteva Kant, ci si deve servire della propria intelligenza. E Rousseau non era stato da meno: meglio uscire dall’infanzia e svegliarsi perché il tempo vola, non ne rimane poi così tanto per mettere giudizio. E in quel secolo dei lumi s’era aggiunta anche l’immagine di Goya, un artista dallo sguardo profetico: il sonno della ragione genera mostri. Parole semplici, luminose, non astruserie filosofiche. Parole programmatiche che hanno conosciuto tanti sviluppi ma anche altrettante smentite.

La contesa è aperta ancora oggi. È evidente che la ragione, o solo la ragionevolezza, o il buon senso, si contende lo spazio pubblico col suo contrario, l’irrazionalità. Due eserciti sul campo di battaglia. La luce dell’esperienza e dell’evidenza, ad esempio quella che sorge dall’esperienza scientifica, deve fronteggiare il buio del pregiudizio e della distorsione cognitiva, che sorgono dalla facile credenza in ciò che fa più comodo.

Si potrebbe obiettare che in questi giorni gli stessi sacerdoti della razionalità scientifica bisticciano un po’ troppo, sembrano comari permalose. Ma non sarebbe granché, come obiezione. E perché mai non dovrebbero litigare? Hanno almeno due ragioni per farlo. Anzitutto la boria dei dotti può benissimo abitare nell’umore di qualche scienziato, uomo anche lui, dopo tutto, capriccioso come ogni umano in ascesa verso l’Olimpo. E poi, ben più importante, nella comunità scientifica non occorre unanimità, per nostra fortuna. Cosa vogliamo dalla scienza? Conformismo? La scienza vive anche di rotture, di salti, di cambi di paradigma. Non ha bisogno di fedeli. Vogliamo tutto? Tutto e subito? Vorrebbe dire scivolare nella magia, ma come noto dalla magia non si ricava granché, salvo attirare qualche allocco.

Una luce abbagliante, più che rischiarare acceca: lo insegna il lungo cammino della filosofia. La lezione che viene dalla parabola dell’illuminismo è di non alimentare la credenza illimitata nel progresso, e nutrire invece la consapevolezza che gli esseri umani non sono né onnipotenti né impotenti. Occupiamo una posizione intermedia, e se siamo capaci di tanto, dobbiamo accettare di non potere tutto. Alla ben rotonda verità ci si può solo avvicinare adottando metodi di volta in volta più efficaci. Perfino ai migliori teologi del ‘900 non sono mancati buoni argomenti per mettere in discussione l’onnipotenza di Dio.

Osservazioni troppo semplici? Perfino banali? Forse. Ma val la pena di ricordare qual era la missione del filosofo greco. Come ha riassunto Pierre Hadot, l’essenza della filosofia è lo spirito di semplicità. La complicazione è sempre superficiale. La lezione socratica consisteva proprio in questo, nel guardare “a sé e intorno a sé” interrogando l’esperienza che si fa nel mondo. Missione, in effetti, piuttosto lontana dai programmi di ricerca sviluppati col linguaggio criptico della filosofia professionale. Molti filosofi di oggi sono diventati “artisti della ragione” e forse varrebbe la pena che qualcuno tornasse a essere “filosofo del mondo”, come lo sono stati Montaigne o Spinoza. In fondo è semplice – ha scritto Hadot – “a partire dal momento in cui si cerca di sottomettersi alla ragione, si è quasi necessariamente obbligati a rinunciare all’egoismo”.

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