Spazio Libero_Stefania Vasques

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La libertà non è uno spazio libero, la libertà è partecipazione cantava Giorgio Gaber nel 1972.

Ma esiste la possibilità che lo spazio si possa concepire libero?  O si diventa liberi quando lo spazio è pensato per contenere tutte le libertà di tutti senza ledere il diritto di nessuno? A parte questo pretestuoso gioco di parole lo spazio è libero quando banalmente lo si vive liberamente.  Forse non esistono regole precise ma certamente lo spazio libero non prevede confini ne fisici, ne legislativi è contrario alla proprietà privata e gode di buona salute se ricco di verde e/o strutture di pubblica utilità (giochi per bambini adolescenti e anziani , intrattenimento, cura, bellezza, ordine, pulizia, decoro), insomma come direbbe Gaber spazio di libero incontro.

Negli Anni in cui Gaber ci educava alla morale pubblica e politica io ero ancora troppo bambina per comprenderlo. La mia infanzia fu particolarmente felice, semplice e sana e credo che oltre alla mia straordinaria famiglia che certamente mi ha dato tutto, la grande fortuna fu di avere a disposizione sin da piccolissima  degli spazi “liberi “, che casualmente si sviluppavano intorno ai palazzi di nuova costruzione nelle zone di espansione della città’ anni 60’ non ancora del tutto urbanizzate. Si giocava con i bambini del ”cortile” liberi senza controllo degli “adulti”.   Esploravamo quei luoghi fatti anche di  spaventevoli garage in cui nascondersi durante gli innumerevoli nascondini, la sciara , una fossa in pietra lavica sede dei lasciti più inconsueti (sedie, poltrone, lavastoviglie e persino sacchi di immondizia) luogo di sfide e atti di coraggio a chi attraversava quei cumuli illeso, aiuole semi secche ricche di sassi per le battaglie o cortili coperti dove nascondersi per darsi i primi emozionantissimi baci. Tutto era casuale,  non voluto,  ne tantomeno concepito per favorire l’incontro ma straordinariamente libero, spontaneo,  interessante da esplorare. Fuori dal “cortile” esistevano anche degli scheletri di palazzi semi-costruiti  semi-abbandonati senza balaustre dove i più arditi andavano per trovare le pietre piatte in gesso, adatte per giocare  a “sciangatello“ .

Eravamo circa 40 bambini, controllati da un’unica portiera che ci rincorreva tutti i giorni con il bastone per le continue incursioni organizzate dai capetti, per provocare le sue reazioni, che tanto ci divertivano. A volte, anzi sempre,  si tornava a casa sporchi di terra con le ginocchia sbucciate e in alcuni casi persino sanguinanti. Ci buttavano nella doccia e ricchi di stanchezza e rifocillati con la solita cena si andava a dormire. Si una infanzia felice, semplice, trascorsa principalmente fuori dalle mure domestiche in luoghi e spazi liberi dal controllo e dalla restrizione.

Oggi parlare di spazi liberi è sempre più difficile la paura ha preso il sopravvento e quelle che un giorno erano esperienze ora sono solo pericoli. Vietato sbucciarsi le ginocchia. I media ci avvisano degli innumerevoli  rischi e le mura domestiche unico rifugio per anime sempre più isolate. E quello che un giorno era uno spazio libero di “incontro” oggi lo stesso medesimo è diventato uno spazio desolato e pericoloso. Non voglio parlare della mia esperienza credo simile a molti miei coetanei,  ma trarre le conclusioni che uno spazio per essere “libero” deve essere “pubblico” un luogo di incontro “spontaneo” dove è permesso lo scambio, il gioco, la condivisione per tutte le fasce di età. Dovremmo forse semplicemente riappropriarci delle piazze e trasformarli in luoghi di tutti,  liberandoci dal concetto di proprietà privata che si estende, come un ombra inquietante, oltre i confini delle nostre abitazioni anche nei cortili dei condomini, nelle strade pubbliche, nelle piazze.

L’agora’  luogo per eccellenza della vita pubblica e sociale cuore della città, luogo prescelto delle rappresentazioni pubbliche delle istituzioni civili e religiose, scambio economico nonchè luogo privilegiato delle attività commerciali del contatto delle comunità con il mondo esterno e della informazione. Dal punto di visto storico e culturale la piazza costituisce lo spazio formale della comunità nucleo delle rappresentazioni monumentali e artistiche che caratterizzano tutte le città del mondo occidentale, spesso oggi ridotte a crocevia e slarghi, luoghi che consentono all’ urbanistica stradale di garantire  la viabilità dei veicoli di automobilisti frenetici che rincorrono non si sa quale meta. I mesi di lockdown ci hanno dimostrato quanta bellezza le nostre città nascondono nelle vie, nelle piazze persino negli slarghi avvolti nel silenzio, favorendo la contemplazione e la trasformazione della natura che timidamente si affaccia nelle città con l’inconsueto profumo di  aria pulita. Nasce il desiderio di riappropriarci della mobilità green su due ruote o pedonale. Oggi non più bambina il “cortile” non basta e il desiderio di socialità si espande a tutta la città tutta. Il privato ha perso il sopravvento sul pubblico e la bellezza è confinata in luoghi di appartenenza sempre più esclusiva.

Spazio libero?….si dalle macchine, del rumore dall’inquinamento, dal finto benessere e comodità, dalla paura dall’ individualismo che non ci permette più di riconoscerci come esseri di una stessa specie. Incontriamoci in piazza, sogniamo città solo pedonali e ciclabili,  riempiamole di alberi,  riappropriamoci di questi meravigliosi luoghi, torniamo a stare insieme per garantire partecipazione e cittadinanza attiva e “pretendiamo” che diventi tutto sostenibile.
Non tutto è fermo, anzi, ci sono molti esempi nel mondo di città che hanno già impostato la loro politica nella direzione della sostenibilità, sia nell’uso di fonti rinnovabili per l’energia, sia con piani precisi per la mobilità interna, per migliorare la qualità dell’aria.

La città sostenibile non è  solo un’idea utopica ma in alcuni casi è una realtà, Lifgate ci racconta 10 città europee che scommettono sulla mobilità sostenibile.  O esempi di città che puntano sulla energie da fonti rinnovabili.  Elle decor ci riporta lo Smart City index 2020, classifica delle città più sostenibili in Italia.

E nel sognare luoghi liberi per un attimo vorrei portarvi fuori dal tessuto urbano e raccontare la creazione di un luogo sospeso nel tempo e nella memoria, dove arte, sostenibilità, cultura, bellezza e incontro trovano la loro collocazione in un solo luogo con casualità e naturale manipolazione.

È il caso di Andromeda.

Un teatro all’aperto che sorge in un luogo affascinante di rara bellezza, nel cuore della Sicilia  a quota 900 metri, forse il teatro in pietra più alto del mondo.  Ha inaugurato la sua apertura al pubblico il 3 Giugno. E’ stato costruito da un pastore artista di nome Lorenzo Reina  un palco circolare e dei posti a sedere realizzati con  dei blocchi di pietra che riproducono la forma delle stelle della costellazione di Andromeda.

In corrispondenza del solstizio d’estate l’ombra del sole proiettata da un disco posto alle spalle del palco proietta un cerchio che coincide con uno spazio nero circolare sul palco. Allo stesso modo dalla bocca di una scultura al tramonto passa un raggio di sole dalla bocca. In questo luogo si sta così come natura comanda.  Attorno alla struttura il proprietario ha creato un percorso artistico con una serie di sculture concesse da altri artisti come “Icaro” morente di Giuseppe Agnello del 2007, oppure la scultura “Imago della parola”. Nell’area vengono organizzati eventi artistici e rappresentazioni teatrali promosse dall’artista proprietario.

Adesso il pastore “artista” sta realizzando un teatro sotterraneo per le rappresentazioni invernali.


A parte questo straordinario esempio di arte “libera”  per “spazi liberi” concretamente nelle nostre città urbanizzate, uno spazio per essere definito libero deve affrontare queste sfide:
– essere sostenibile sia dal punto di vista energetico che ambientale,
– favorire la mobilità green,
– intendere il bene comune come luogo di servizi rivolti ai cittadini di tutte le età,
– incoraggiare  l’incontro per garantire partecipazione e cittadinanza attiva,
– promuovere  l’arte come strumento sociale di riappropriazione della bellezza e della cultura.

Si può fare ……e sono certa che l’umanità andrà certamente in questa direzione. E alla fine del  “nascondino“ ….liberi tutti ….(fase 3)


Stefania Vasques Studio

Stefania Vasques nasce a Catania. Vive e lavora a Milano. Architetto, designer e stylist collabora con le migliori testate che si occupano di arredamento e design. Collabora come designer con L’abitare, Corrado Corradi, Diamantini e Domeniconi, Danese e Sambonet. Fa parte di un gruppo di designer “Officina Temporanea” che insieme ad “Artigiani officina” autoproducono pezzi di serie limitata, espressione di un tema o di un uso. Crede che il compito del designer sia quello di creare oggetti “utili”. Ama tutto quello che spontaneamente offre la natura perché ricco di una saggezza antica e di una conoscenza ancora da scoprire. Ama il bello come risorsa per tutti e come valore. Ama l’arte, la cioccolata, la bicicletta, i pannelli solari, il fotovoltaico, l’olio di oliva, l’olio di colza, la Sicilia, la sua famiglia, gli amici, Officina Temporanea, Klab, il mare, gli alberi, le piante officinali e aromatiche, la medicina naturale e tutta la gente di buona volontà.
Ph. Giorgio Possenti

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