Soli Deo Gloria_Stylus phantasticus
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Stylus phantasticus. et Porta Coeli.
Libere sperimentazioni, invenzioni, diminuzioni, discanti,
melismi jazz tra polifonia e contrappunti improvvisati
In questo progetto intendiamo riflettere sui punti di contatto fra musica antica e jazz: entrambi i repertori hanno infatti l’improvvisazione come elemento fondante e ciò che si trova fissato sulla carta non consiste, tanto per il cantore o lo strumentista antico quanto per il jazzista, nelle uniche note da suonarsi concretamente. Al contrario, l’esecutore era/è libero di ornamentare, abbellire, riempire e a volte improvvisare ampiamente.
In questo vocalizzo improvvisato, che abbiamo intitolato Stylus phantasticus, et porta Coeli, ho chiesto ai coristi di fare qualcosa a cui non sono abituati e che sulle prime è risultato paradossalmente più difficile di leggere la partitura: improvvisare liberamente suoni e melodie, scegliendole al momento sulla base del sound irripetibile e unico che si sta costruendo intorno a loro, ma di fatto orientando anche armonicamente le scelte degli altri e del flicorno solista.
Un doppio potere dunque: libertà di scelta e possibilità di mutare l’armonia generale con un’idea nuova e – staccandosi dalla ‘difficile’ ma anche ‘rassicurante’ musica scritta, in cui tutto sembra già deciso da qualcun altro – la necessità di fidarsi solo dell’ascolto.
Ai coristi ho anche chiesto di cantare camminando, ribaltando l’abituale prospettiva ‘fissa’ del cantore stabile al proprio posto tra le fila del coro: liberi di scegliere quale parte della chiesa far risuonare, di fermarsi semplicemente in ascolto, o di accostarsi agli altri per percepirne le idee musicali. Un esperimento registrato nel gennaio 2020 che in questi giorni di forzata distanza ricordiamo con ancora maggiore nostalgia, e rivalutiamo con nuovi occhi.
Silvia Perucchetti
Questo progetto, ideato da Silvia Perucchetti e costruito insieme al trombettista Simone Copellini per Soli Deo Gloria, si ispira al rivoluzionario CD Officium, pubblicato nel 1993 dall’Hilliard Ensemble insieme al sassofonista Jan Garbarek, in cui polifonia antica e canto gregoriano si sovrappongono felicemente alla voce di uno strumento impiegato tipicamente nel jazz.
Stylus phantasticus : così i musicisti barocchi definivano lo stile musicale non riconducibile ad alcuna altra categoria, dominato dalla libertà dell’esecutore. Facendo nostre le parole del grande clavicembalista e organista Ton Koopman, «lo stylus phantasticus vuole tenere sveglio l’interesse dell’ascoltatore con effetti speciali, sorprese, dissonanze, variazioni nel ritmo e nelle imitazioni fra le voci.
È uno stile improvvisativo completamente libero che induce il pubblico, pieno di stupore, a domandarsi: Com’è possibile?».