Ma non esiste #3

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di Collettivo FX

Manonesiste è un progetto nato da un po’ di persone interessate a raccontare le Officine Reggiane come sono oggi. Un’ex area industriale abbandonata diventata un vero e proprio quartiere abitato da persone senza fissa dimora. E del quartiere ha tutte le caratteristiche: vicini che collaborano e vicini che si odiano, il parrucchiere “di condominio”, l’area verde, i problemi con i rifiuti, gli schiamazzi.
Questo quartiere però, così come le persone che lo abitano, in sostanza non esiste. Non per il centro della città – dal quale è lontano solo pochi metri – non per la legge, non per i diritti. Manonesiste ha così voluto raccontare la storia di queste persone che esistono, ma è come se non esistessero.
Non hanno fissa dimora, nè tutele, nè libertà. Come sono arrivati qui? Come vivono? Da dove vengono? Le storie del “sindaco”, il “santo”, il “carpentiere”, la “volontaria” e il “calciatore” sono tutte ispirate a storie vere, raccolte alle Reggiane. Ogni storia è stata raccontata con le parole ma soprattutto attraverso delle opere realizzate in linoleografia in 30 copie che tra il dicembre 2018 e giugno 2019 sono state affisse in città, di notte, per essere “rubate” dai passanti. Gli “attacchinaggi” sono stati annunciati di volta in volta tramite il profilo instagram @manonesiste. Chi riusciva a recuperare e portare a casa l’opera trovava sul retro il link per leggere la storia del personaggio.

Tutte le storie sono ora disponibili su https://manonesiste.wordpress.com/.

Le immagini degli attacchinaggi sono su https://www.instagram.com/manonesiste/

 

Il santo – Collettivo FX

 

IL SANTO

Laureato in agraria a Perugia
Responsabile verde pubblico
Cura piante e persone.
Ma non esiste.

P., se non avesse la pelle nera, lo trovereste al bar con gli amici a giocare a carte. La domenica mattina leggerebbe un libro, il pomeriggio farebbe giardinaggio. Avrebbe forse una ex moglie e un paio di figli, un cane, una pensione appena decorosa, l’assistenza sanitaria. Farebbe anche il volontario o avrebbe un orto cittadino, appassionato com’è di verde. P. infatti si è laureato in agraria a Perugia nel 1985. Ma P. ha la pelle scura.
Ha fatto lavori saltuari per 40 anni, ma sempre in nero. Nessuno lo ha mai messo in regola se non per brevi periodi. Così oggi non ha nulla. Non una casa perchè, ormai troppo vecchio per trovare lavori stagionali in campagna, non riesce più a pagare un affitto. Non una famiglia, perchè ha avuto paura di non poterla sostenere. Non il permesso di soggiorno, che si è visto rifiutare pochi giorni fa.  P. dovrebbe trovare un lavoro a breve per tornare nella legalità ed essere considerato degno di esistere. Ma non si dà un lavoro a chi non ha il permesso di soggiorno, è illegale.
A P. l’Italia ha sempre dato poco, ma quel poco, per P. era tutto: ha potuto studiare, avere una vita, seppur dura.  Negli ultimi 4 anni ha vissuto per strada, ma anche questo non lo ha demotivato. “Ho costruito uno spazio dove posso dormire abbastanza bene dentro le Officine Reggiane. Vivo con altre persone nelle mie stesse condizioni… a volte la convivenza è molto difficile ma è sempre meglio di stare per strada”. La mattina P. la passa in biblioteca: lì si può lavare, stare al caldo, leggere. Spesso lo si trova nel “giardino” delle Reggiane, che cura con dedizione. Alcuni amici gli hanno regalato un rastrello, una paletta, delle cesoie e da allora l’area verde che separa i capannoni del lato nord è diventato un vero e proprio parco cittadino, con gli alberi perfettamente potati e le foglie autunnali raccolte in mucchi ordinati.
Da qualche giorno però P. non esce più dalla sua “casa”. In biblioteca in molti si sono chiesti dove sia finito. Il parco delle Reggiane si è arreso, come il resto dell’area industriale, all’incuria: le foglie che cadono non riescono a nascondere i cumuli di rifiuti che nessuno raccoglie più. “Cosa devo fare? Non posso più nemmeno girare per strada. Dove devo andare? Dove mi porteranno? Cosa sarà di me? Cosa ho fatto di male? Ho paura. Ho paura di tutto”.
P. vive a Reggio Emilia da 18 anni. Credeva di aver finalmente trovato qui “il suo posto”, nel momento in cui aveva scoperto di portare lo stesso nome del patrono della città. P. ci ha creduto nonostante tutto, nonostante questa vita, questa città, in fondo, gli abbia dato davvero poco. “Ora sono nessuno, neppure il santo può più aiutarmi”.
#MANONESISTE

 

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