Pagine fragili, pagine importanti

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di Fabio Boni

Il mio contributo a Eventi a casa tua è una selezione di libri fotografici scelti tra i tanti che mi tengono compagnia in queste settimane di vita in casa, in questi momenti sospesi che credo solo tra molto tempo riusciremo a comprendere. Ho provato ad interpretare il concetto di fragilità con le idee, i materiali, i progetti, che hanno portato alla realizzazione di queste pubblicazioni, fotografando anche i libri stessi sul tavolo del mio studio.

Parti del testo sono state reperite dalle pagine internet degli artisti, delle loro gallerie e case editrici.

 

Paul Graham, American Night
Steidl, 2003, cm 39 x 30

Le persone fragili, illuminate da una luce accecante che accompagna il lavoro di Paul Graham, American Night, realizzato tra il 1998 e il 2002 in diverse località d’America, tra cui Los Angeles, Memphis, Detroit, New York e Atlanta. Le fotografie di Paul Graham toccano la frattura sociale dell’America e racconano il grande divario tra inclusi ed esclusi, neri e bianchi, abbienti e non abbienti. Affrontando un argomento trattato spesso solo attraverso il fotogiornalismo, American Night descrive questo territorio in una serie di immagini che si collocano sul confine tra arte e documento.
Le immagini di Graham accecano e travolgono lo spettatore con una sensazione simile a quella di uscire da un luogo riparato e alla luce del sole. Le persone ritratte sono prosciugate di colore, ombra e forma, poi la sequenza cambia, con una vibrante immagine a colori di una casa da sogno appena costruita, completa di un cielo blu e di erba verde di irraggiungibile perfezione, o verso un ritratto di strada intensamente oscuro, prima di tornare all’infinito candore accecante della vita quotidiana. Al di là della loro scarsità o ricchezza di colori, queste immagini si contrappongono nel loro contenuto: queste case perfette non sono raggiungibili da coloro che camminano nel paesaggio illuminato dal sole; sono un miraggio, un sogno o una promessa che non possono quasi mai essere raggiunti. Ecco l’abisso tra promessa e realtà, speranza e realtà, sogno e verità.

 

Daisuke Yokota, Toransuparento
Kominek – Newfave, 2014, cm 29,7×21

La fragilità nella trasparenza, nella confusione, nell’impossibilità di decidere: Toransuparento (trasparente) è stampato su pellicola per trasparenze e montato utilizzando sandwich di diverse pagine trasparenti alternate a pagine bianche e pagine in vinile colorate. La pubblicazione traccia il processo creativo di Yokota mostrando le trasformazioni delle sue immagini. Transizioni dall’originale fino a una nuova immagine ed espressione. L’astrazione e l’allucinazione sono imposte dalle distorsioni visive quando si guardano attraverso diversi lucidi contemporaneamente.

 

Stephen Gill, A series of disappointment
Nobody, 2008, cm 31×24

La fragilità del caso e della fortuna: Stephen Gill fotografa schedine di scommesse accartocciate o piegate, che sono state buttate a terra all’interno o all’esterno di agenzie di scommesse nel distretto di Hackney, nella zona nord-est di Londra, dove sono presenti un alto numero di agenzie rispetto agli altri quartieri della città. Ognuno di questi documenti contiene una speranza che poi viene disattesa dalla perdita o dalla sconfitta, quindi messo da parte, buttato. Queste nuove forme forse ora ci mostrano uno stato d’animo, modificato dalla tensione nervosa e dal dolore.
Dopo le riprese, questi tagliandi sono stati aperti per rivelare le scommesse perse contenute all’interno.

 

Lee Friedlander, Stems
D.A.P. – Fraenkel Gallery, 2003, cm 26×31

Le ginocchia fragili di Lee Friedlander che nel 1994, soffrendo di forti dolori e preoccupato per l’immobilità e la reclusione forzata in casa, decise di dare uno scopo alla lentezza delle sue giornate. Cercò caparbiamente una possibilità di rigenerare fotograficamente una certa vitalità quotidiana, quella di un un uomo abituato normalmente a trascorrere le sue giornate fotografando immerso nel caos urbano, nei boschi, nei parchi, ovunque la sua osservazione famelica potesse incrociare soggetti da modificare attraverso una straordinaria visione destrutturante. Provò in quel periodo, stando in casa e bloccato dalla vita in giù sulla sedia a rotelle, cominciando a puntare lo sguardo su una varietà di soggetti, con buoni risultati, ma senza grande convinzione fino a quando capì, attraverso l’immaginazione, cosa potesse funzionare.
Osservando il gesto quotidiano di sua moglie Maria nell’atto di cambiare i fiori nei vasi di vetro intagliato che riempivano la loro abitazione, l’autore intuì che non era la varietà dei fiori ad essere un possibile tema portante, ma la composizione degli steli in quel microcosmo trasparente e fluido dei vasi che li conteneva. Durante i mesi di febbraio, maggio, giugno e dicembre del 1994, focalizzò il suo sguardo su matrici selvagge di steli e sullo splendore ottico prodotto dalla luce che rifrangeva attraverso i vasi di vetro. Nel 1998 a Friedlander furono sostituite chirurgicamente entrambe le ginocchia. Trascorsero altri tre mesi di recupero durante i quali non scattò fotografie. L’anno successivo, riabilitato con successo e camminando senza più dolore, Friedlander decise di riapplicarsi sulle immagini degli steli ed a definirle in un lavoro preciso. Pubblicato dalla D.A.P. e da Fraenkel Gallery, Stems vide la luce nel 2003.

 

Rinko Kavauchi, Cui Cui
Little More, 2005, cm 17×24,5

Il titolo fragile e delicato del libro di Rinko Kavauchi, Cui Cui, catalogo che ha accompagnato la mostra retrospettiva a lei dedicata, allestita nel 2005 presso la Fondation Cartier di Parigi: l’artista ama catturare i dettagli della vita quotidiana che spesso ci sfuggono: attraverso il suo sguardo, oggetti e situazioni ordinarie acquisiscono una singolarità che ne esalta la loro bellezza, poesia ed emozione. Nei suoi libri e mostre raggruppa le sue immagini in modo da rivelare incontri inaspettati di forme, stati d’animo e atmosfere, creando racconti sottili che incoraggiano la meditazione sulla meravigliosa infinità del mondo e la finezza di tutti gli esseri.
Cui Cui è un’esplorazione intima del tema della famiglia attraverso 232 fotografie a colori. Il titolo evoca il cinguettio dei passeri quando si trovano nel loro nido, una metafora dei legami familiari e dei piccoli eventi che accompagnano ciascuna delle nostre vite e segnano il modo in cui il tempo scorre.

 

Luigi Ghirri, Works from the 1970s
Tasha Ishii Gallery – Case Publishing, 2018, cm 27×22,5

La fragile delicatezza con la quale sono state impaginate le fotografie di Luigi Ghirri sul catalogo pubblicato da Tasha Ishii Gallery di Tokyo, immagini di piccolo formato, stampate su una carta sottile ed incollate alla pagina sul lato superiore.
In questo libro troviamo pubblicate fotografie realizzate negli degli anni 70, periodo molto importante per lo sviluppo del lavoro dell’autore. Sono presenti immagini dalle serie: Kodachrome, Fotografie del periodo iniziale, Catalogo, Colazione sull’erba, Diaframma 11 – 1\125 luce naturale, In scala, Still life, Topographie – Iconographie, Pesaggio italiano e Il profilo delle nuvole.

 

 

Thomas Demand, The Dailes
Mack, 2012, cm 38×35

La fragilità della carta, materiale base di lavoro dell’opera di Thomas Demand, che costruendo ambientazioni e luoghi di carta genera un mondo parallelo che prima viene fotografato e poi distrutto, lasciandoci in questo modo solo l’opera fotografica come testimonianza.
In questo libro i suoi lavori si basano su cose viste e su fotografie scattate mentre viaggiava e camminava per strada. Mostrano un mondo che è familiare ma fuori portata, come le spille colorate su una corda da bucato, sospese da qualche parte tra il familiare e l’allucinatorio, un’apparizione casuale, intravista momentaneamente, prima che svanisca nel suo habitat.
Le immagini attirano lo spettatore in un mondo specchiato, un universo gemello fatto solo di carta. Ma i modelli, imperfetti, sono inondati di discrepanze rispetto alle cose reali e, come tali, agiscono come piccole rotture che complicano il vecchio legame che intercorre tra una fotografia e la realtà.

 

 

Fabio Boni è nato nel 1965 a Reggio Emilia, dove vive e lavora dedicando particolare attenzione al ritratto e alla fotografia sociale, producendo ricerche in Italia e all’estero dall’inizio degli anni novanta.
Impegnato nell’indagare il volto umano in chiave sociale-psicologica, ha esordito nel 1993 con Volti, un lavoro dedicato ai bambini e agli anziani, i poli estremi della vita e del modo di essere del nostro volto nel tempo: fotografie che oggi assumono un significato simbolico poiché Boni ha successivamente fotografato un grande ventaglio di tipi sociali e di età, dagli anziani e le persone di mezza età, sulle quali è tornato ripetutamente, ai profughi, dalle famiglie alle comunità in festa, dai lavoratori di vari ambiti professionali alle più diverse persone nel loro modo di abitare la casa, senza porre differenza tra chi è autoctono e chi è immigrato, dalla gente del circo fino agli adolescenti.

Tiene corsi sul ritratto fotografico presso il CFP Bauer di Milano, il Liceo Artistico Chierici di Reggio Emilia e conduce interventi didattici in scuole di ogni ordine e grado, dalle scuole per l’infanzia agli Istituti post diploma.

www.fabioboni.it

In copertina © Fabio Boni

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