Francesca Alfano Miglietti_Giorni di Letizia

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“Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.”
(Erri De Luca)

Storie, miti, simboli e un’umanità visionaria e incosciente che nel gioco del mondo gioca la sua parte. Letizia Battaglia sembra ‘spingere dentro’ chi guarda le sue foto, e una volta dentro ci si accorge che esistono, nelle sue immagini, molti strati: la narrazione, il linguaggio dei simboli, la fragilità, la denuncia, la pietà, l’ammirazione, e poi la filosofia. Bisogna saper guardare. Letizia Battaglia sempre raccoglie la sfida della bellezza e torna ancora ed ancora con sguardo poetico a rivelare i molteplici
paradossi dell’esistenza. La maestria visiva della fotografa palermitana è indiscutibile in questa rievocazione che mostra una fotografia sontuosa che incontra volti e gesti e passioni, le chiavi di volta che sorreggono l’intera struttura di una visione intensa, di immagini ricche di significato in ogni singolo frammento. Un completo silenzio circonda le sue immagini dense di rimandi e richiami, e di nomi e cognomi, nomi e cognomi carichi di fatti, eventi, rivolte, storie e leggende.
Scrive Letizia Battaglia: “La fotografia non cambia il mondo, né la mia fotografia, né quella degli altri, ma come un buon libro, può essere una fiammella. Un libro, un’opera d’arte, un Picasso, una foto, una musica possono essere senz’altro un buon veicolo per la crescita, ma non possono cambiare il mondo. Gli appetiti della guerra, del capitalismo, delle religioni sono così forti, che la fotografia e la cultura sono una parte della lotta ma non bastano a cambiare il mondo. Niente può cambiare il mondo se non la propria coscienza. E poi si cerca di parlare alla coscienza degli altri. (…) Insomma si fa quello che si può. Ma sicuramente come la Divina commedia non ha cambiato niente, figurati se una piccola fotografa di Palermo può cambiare qualche cosa.”
Un’ampia produzione d’immagini, quelle di Letizia Battaglia, legate a personaggi e situazioni problematiche per il sentire comune, un allontanarsi da ogni schema omertoso, un modo di vedere la realtà che ha rappresentato un momento di profondo cambiamento tanto nei codici linguistici della fotografia, quanto nella percezione comune della realtà. Soprattutto la sua straordinaria capacità di mostrare quello che abitualmente si nega. Quello che non si vuol vedere. Certo, se Letizia Battaglia
avesse potuto scegliere, non avrebbe certo scelto di fotografare morti, sangue, violenza, paura, disperazione. Ma ha scelto di avvicinare e riprendere la scabrosità d’argomenti che abitualmente e per anni si sono voluti negare. La ricerca di Letizia Battaglia è di un esasperato realismo, agli antipodi della falsificazione cosmetica del reale, riprendendo sistematicamente, e per anni, ciò di cui si ha paura. Contro ogni rassicurante e noiosa convenzione borghese Letizia Battaglia sceglie di
schierarsi più scopertamente ed attivamente contro ogni moralismo. Fotografa colta e raffinata, rivoluziona il modo di ‘riprendere’ gli accadimenti: composizioni classiche nelle quali le persone ritratte sembrano avere la consapevolezza di non essere più persone ma uno strumento d’investigazione. Letizia Battaglia è interessata a uno scambio d’emozioni fra la fotografia e il pubblico, tra lei e il pubblico, e nel suo lavoro questo emerge come dato potente, colpisce proprio la ricerca di un’empatia sentimentale: il suo stile classico conferisce solennità alle sue immagini, Letizia
sembra saper intercettare gli sguardi carichi di sentimenti, di passioni, di vita. E poi dopo anni e anni di cronaca, ‘decide’ cosa vedere quando guarda: “Intanto è stato un gran privilegio avere la macchina fotografica in mano, saperla usare, cercare documenti e tutto quello che si agitava dentro. Perché prima di fotografare la città, dentro c’era il patimento, c’era l’amore, c’era la passione per la città, c’era il rammarico, la rabbia e poi tutto quello che stava avvenendo. Per cui la mia macchina fotografica era un come un altro cuore, un’altra testa, non era un mezzo per vendere fotografie, per diventare famosa, era il mio cuore che parlava. Parlava con la macchina fotografica. È stato commovente, molto commovente. Ci penso ancora. Perché il mio trascorrere trentotto anni dolorosissimi, il mio essere intaccata insieme ad altri nella nostra fiducia, nella nostra dignità – perché vivere civilmente vuol dire vivere con dignità, e questi esseri ci macchiavano, ci sporcavano ci corrompevano – è stato molto forte. È molto forte. Esiste. Oggi non si può dire che sussistano residui di mafia. C’è invece una mafia grande, forte, che è diventata più potente ancora, che è dentro le istituzioni, in tutte le istituzioni.”
Per Letizia Battaglia, a questo punto, etica ed estetica sono tutt’uno, nelle sue immagini si evidenzia che l’unità di etica ed estetica è in un modo di vedere il mondo per cui esso non appare come fonte di limitazione. L’etica è un’estensione al mondo, dunque alla vita, della capacità di conferire significato, l’attenzione è posta sul fatto che la radice dell’etica è in un certo modo di vedere le cose, in un atteggiamento verso la vita. Si tratta della prospettiva di un valore non connesso a come il mondo è
e che è evocato dalla meraviglia per l’esistenza del mondo.
Una buona fotografia urbana ha una sua rilevanza, ci racconta qualcosa della condizione umana. Per Letizia Battaglia le cose che contano di più, oltre alla realtà, sono l’impatto e l’emozione, e Palermo è vibrante, viva, una mescolanza di architetture e di persone che diviene una sorta di performance improvvisata. Sembra quasi che si scagli contro i suoi soggetti: alcune delle sue foto sono come una spallata, riprende un’umanità quasi strabordante che viene colta alla perfezione in questi scatti. Lo stile di Letizia è mutevole, molte delle foto sono agitate, vive, dinamiche, il bianco e nero è potente, non esiste alcun grigio come compromesso, mentre il colore sì, a volte. Una visione entusiasmante la sua, proprio per la sua nudità, esposta, una sfida. Ogni sua foto è un tuffo senza rete, consapevole, coraggioso e rischioso, compiuto con gesto pionieristico, intellettuale e naïf, nel cuore delle immagini e del loro significato oggi, al tempo del computer e del virtuale. Un salto mortale in uno spazio denso di strati di memoria, di cultura, dove incamminarsi come un bambino che inizi a muovere i primi passi, senza paura di eccedere, di sbandare e di sbagliare. Una sfida che possiede, ancora una volta una stretta relazione con le persone che riprende. Punto di partenza emozionale e tematico Palermo, riflessione sulla morte, sull’iconografia della Morte, e sulla vita, sulla stravaganza della vita.
Le mie contraddizioni mi confondono e, al contempo, mi esaltano. In questo momento, più che mai, odio i cliché. (…) La fotografia non mi ha mai delusa. Né io ho mai deluso me stessa, anche se ho sbagliato e a volte ho realizzato fotografie che oggi considero brutte e banali. Trovo sublime il lavoro, il tentare, il cercare. (…) Penso che un poco sono legata al nuovo realismo, qualcosa che ha a che fare con un mondo passato. Dal punto di vista dell’ambientazione percepisco che mi piacciono quei luoghi e quei sentimenti molto naïf degli anni del realismo nel cinema italiano. Ma è il cinema, non i fotografi. De Sica, Rossellini ad esempio, questo tipo di cinema che è un poco drammatico, un poco verace. Poi le mie foto prendono la strada che vogliono. Dentro di me credo di avere questo sentimento che mi lega a questo cinema. “.(Letizia Battaglia).
Immagini, quelle di Letizia Battaglia, che divengono una narrazione epica della sua città un manifesto, che dichiara le sue convinzioni in maniera diretta, vera, poetica e colta, rivoluzionando così il ruolo della fotografia di cronaca. Impara la fotografia direttamente ‘in strada’, e le sue foto si distinguono da subito per il tentativo di catturare quello che la relazione corpo/mondo porta con sè: una potente emozione e quasi sempre un sentimento di pietas.
La brama di ricerca e di continua sperimentazione, conducono Letizia Battaglia, sempre attratta dal concetto di cambiamento ed evoluzione, a una vita all’insegna della lotta contro i pregiudizi, operando sempre scelte che le permettessero di non rinunciare ai sogni e alla incontenibile curiosità che l’hanno resa una grande fotografa ancor più una grande persona.
Protagonista di molte battaglie contro la censura e l’oblio, la sua fotografia è un’attenta riflessione sul sistema di valori di una società improvvisamente snaturata, lacerata, smarrita, estromessa dalla fiducia in un mondo di chiaroscuri privi di qualsiasi tonalità intermedia. L’approccio di Letizia Battaglia è tanto semplice quanto scarno di molteplici interpretazioni: storie di uomini, donne, bambini e ragazzi, che tentano di vivere senza troppe pretese e richieste, vivendo alla giornata, assaporando tutto ciò che la realtà può regalare loro. La decisione di raccontare le vicende degli ultimi è più una scelta ideologica e sentimentale che non figurativa; irriverente, complicata, pungente, capace di aggirarsi fra le ombre della società, ne indaga gli aspetti più intimi, mettendo in luce quanto la disgregazione dell’Io, frutto di un’epoca storica così problematica, avesse fatto propria la miseria della povera gente.

LETIZIA BATTAGLIA

Letizia Battaglia, nasce a Palermo nel 1935 ed è considerata una delle fotografe più importanti a livello mondiale. È conosciuta per le sue opere che ritraggono le vittime e i personaggi del mondo mafioso È considerata una delle figure più importanti della fotografia contemporanea per i suoi lavori saldamente presenti nell’immaginario collettivo e per il valore civile ed etico da lei attribuito al fare fotografia.  Il suo lavoro si distingue per l’impegno sociale e politico, che l’ha portata a fotografare la Sicilia, con immagini in bianco e nero, crude quanto reali che denunciano l’attività mafiosa con reportage coraggiosi che hanno fatto la storia della fotografia.

Indaga l’emozione, trovandosi costantemente a che fare con tematiche complesse, riesce sempre a raccontarle con lucidità i fatti di cui è testimone, con un linguaggio asciutto che guida lo spettatore al centro della scena, immergendolo in una realtà che non può più essere indifferente. E’ cofondatrice del centro di documentazione “Giuseppe Impastato”.  E’ regista, ambientalista, editore delle Edizioni della Battaglia, assessore dei Verdi con la giunta di Leoluca Orlando negli anni della Primavera Siciliana, deputata all’Assemblea Regionale Siciliana. Fondatrice nel 1991 della rivista” Mezzocielo”, bimestrale realizzato da sole donne. Nella lista delle 1000 donne segnalate per il Nobel per la pace, nominata dal PeaceWomen Across the Globe. Donna costantemente impegnata nella società e convinta sostenitrice della necessità di impegno civile come possibilità di cambiamento, in prima linea sulla questione femminile, sui problemi ambientali, sui diritti dei carcerati. Dal 1974 ( sino al 1991) è fotografa e direttrice del team fotografico del quotidiano L’ORA di Palermo. Il suo impegno la vede attiva con un’iniziativa che vuole essere molla per rendere Palermo un posto migliore, tanto che dal 2017 è direttrice del Centro Internazionale di Fotografia. 

Letizia Battaglia è stata la prima donna europea a ricevere nel  1985 il Premio Eugene Smith, a New York, riconoscimento internazionale istituito per ricordare il fotografo di Life. Poi tra gli altri, il Deutschen Gesellschaft für Photographie (2007) o il Cornell Capa Infinity Award di New York (2009), per citarne solo alcuni tra i più prestigiosi. Nel 2017 riceve il riconoscimento da parte del New York Times in cui viene inclusa in una lista di 11 donne che si sono distinte per il loro impegno. Moltissime le mostre a lei dedicate e i film e i documentari sulla sua figura, tra gli ultimi:

Shooting the Mafia (2019) di Kim Longinotto
La Mia Battaglia (2016) di Franco Maresco
Amore Amaro (2012) di Francesco Reganato
Battaglia (2004) di Daniela Zanzotto

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