Elena Mazzi_parole parole parole
di Ilaria Campioli
Per il suo progetto di committenza, Elena Mazzi effettua una sorta di percorso a ritroso, un ritorno alle origini che trova corrispondenze sia a livello personale che di progetto.
Per una strana coincidenza il luogo in cui si trova il centro antiviolenza ospitava la scuola dell’infanzia che l’artista ha frequentato da piccola. Il luogo ha mantenuto le sue caratteristiche di accoglienza, ma i sistemi di protezione e sicurezza presenti oggi raccontano una storia diversa. Una storia che l’artista ha deciso di raccontare proprio partendo dalle parole che, non a caso, sono quelle che impariamo da piccoli. Perché è prima di tutto nel linguaggio, è nel modo in cui descriviamo il mondo e utilizziamo le parole che è custodita e si trasmette una cultura violenta e patriarcale. Ed è sempre attraverso il linguaggio che si ha la possibilità di rinegoziare una nuova visione di sé, di modificare la propria storia ed immaginare un futuro diverso.
Il lavoro di Elena parte molto spesso da una frattura, uno strappo che riguarda un singolo o un’intera comunità. Il suo modo di operare la vede sempre partire da una prima fase di ascolto, confronto e dialogo. Spesso i luoghi e gli spazi che visita le servono per definire ed inquadrare i limiti di quella che sarà poi la sua azione artistica. Una sorta di mappa che la guiderà per tutta l’elaborazione del progetto. L’artista si è interfacciata con chi ha vissuto situazioni di violenza ma anche con chi svolge un lavoro quotidiano e costante attorno a questi temi: assistenti sociali, medici, avvocati e volontarie provenienti dalle numerose associazioni del territorio.
Assieme a loro ha realizzato alcuni workshop in cui le parole e i racconti si sono trasformati in gesti, azioni e segni. Assieme a Lucia Catellani (Bread & Jam), grafica che da diversi anni lavora in città, li ha rielaborati dando vita ad una forma, un pattern, che contiene, custodisce e tramanda tutte queste storie. Un pattern che funge da messaggio cifrato, un codice che può essere letto e osservato solo con i modi e i tempi giusti. La costruzione collettiva del segno è un modo non solo per riflettere e rielaborare ma anche per ricucire e ricostruire assieme, custodendo le parole e i racconti e dando loro un nuovo significato.
Il pattern è presentato su carta da parati, materiale scelto dall’artista proprio perché rimanda alla casa, spazio di protezione e riparo ma che, in realtà, è il luogo in cui avviene la maggior parte delle violenze. Uno spazio che diventa quindi problematico, non è più così evidente ed appropriato. La carta da parati si trasforma in un oggetto relazionale che si pone fra chi ha vissuto situazioni di violenza e il mondo, ma diventa anche un modo di comunicare, penetrando spazi pubblici e privati, invadendo con forza e colore.
Parole, parole, parole è un’opera diffusa per la città che ha come obiettivo quello di occupare quanti più spazi possibili. I primi luoghi coinvolti dal progetto sono la Biblioteca Panizzi, la Casa delle donne, lo Spazio Gerra e la Sala Civica del Comune di Casina.
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Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) dopo gli studi presso l’Università di Siena e lo IUAV di Venezia, ha trascorso un periodo di formazione al Royal Institute of Art di Stoccolma.
Partendo dall’esame di territori specifici, nelle sue opere rilegge il patrimonio culturale e naturale dei luoghi intrecciando storie, fatti e fantasie trasmesse dalle comunità locali, nell’intento di suggerire possibili risoluzioni del conflitto uomo-natura-cultura. La sua metodologia di lavoro, vicina all’antropologia, privilegia un approccio olistico volto a ricucire fratture in atto nella società, che parte dall’osservazione e procede combinando saperi diversi. Ha partecipato a diversi programmi di residenza in Italia e all’estero. È vincitrice, tra gli altri, di Cantica21 e della VII edizione dell’Italian Council. Le sue opere sono state esposte in mostre personali e collettive, tra cui: Whitechapel gallery di Londra, Museo Novecento di Firenze, BOZAR a Bruxelles, MAGA di Gallarate, GAMeC a Bergamo, MAMbo a Bologna, AlbumArte a Roma, Sonje Art Center a Seoul, Palazzo Ducale a Urbino, Palazzo Fortuny a Venezia, Fondazione Golinelli a Bologna, Centro Pecci per l’arte contemporanea a Prato, 16° Quadriennale di Roma, GAM di Torino, 14° Biennale di Istanbul, 17° BJCEM Biennale del Mediterraneo, Fittja Pavilion durante la 14° Biennale d’Architettura di Venezia, COP17 a Durban, Istituto Italiano di Cultura a New York, Bruxelles, Stoccolma, Johannesburg e Cape Town, Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia.