Francesco Aliberti_Il calcio secondo Pasolini

Condividi:

Francesco Aliberti, editore, giornalista  e fondatore della casa editrice Aliberti editore, apre la rubrica Baskerville – Divagazioni sui libri con la recensione di “Il calcio secondo Pasolini” di Valerio Curcio. (Ed. Aliberti).

«Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare?» chiedeva Enzo Biagi a Pier Paolo Pasolini nella trasmissione televisiva Terza B: facciamo l’appello. Era il 1971 e il Maestro rispondeva, senza alcun dubbio: «Un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l’eros, per me il football è uno dei grandi piaceri». Pasolini, il poeta, lo scrittore, il giornalista, il pittore, il regista, lo sceneggiatore e il drammaturgo, se le cose fossero andate diversamente, avrebbe forse tirato calci a un pallone per un vita intera.
Vissuto tra il Friuli, Roma e l’Emilia (frequentò il Ginnasio a Reggio Emilia, al Liceo Classico Ariosto, per poi completare gli studi superiori al Liceo Galvani di Bologna) lo scrittore, conosciuto e ricordato anche per la sua visione cupa e nostalgica della vita, probabilmente nel campetto da calcio ritrovava la quiete e la spensieratezza della sua fanciullezza. Era lì che si rifugiava fra una lezione e l’altra, quando faceva il professore di italiano (come il suo amico poeta reggiano Luciano Serra) nei quartieri della periferia romana a Ciampino. Ed è nel bel libro Il calcio secondo Pasolini di Valerio Curcio (Aliberti), nell’intervista a Dacia Maraini, che leggiamo: «Secondo me Pier Paolo andava avanti con la testa rivolta indietro. Inseguiva un sé stesso bambino che scappava. Quando giocava, quel bambino prendeva corpo assieme al pallone, quando finiva di giocare, tornava l’adulto inquieto e doloroso che era diventato».
Per Antonio Padellaro, che ha scritto la prefazione al volume, i giocatori che vediamo in televisione o allo stadio siamo noi, quando da ragazzi «disegnavamo in un prato o per strada le linee immaginarie di un campo ideale», siamo noi che ci riconosciamo, che ci arrabbiamo, che ci crediamo e ci emozioniamo ancora, come quando, ricoperti di polvere e sudore, abbiamo fatto gol per la prima volta.
Ma, senza nulla togliere alla componente romantica del calcio, per Pasolini lo sport a squadre per eccellenza, la macchina atletica collettiva, non costituiva solo un semplice divertimento. Il calcio era pura catarsi e, sentite, un vero e proprio linguaggio. Un sistema di segni che si articola per infinite combinazioni, non di fonemi, bensì di podemi. Qui il discorso pasoliniano si complica un po’, ma per farla breve, secondo Pasolini, l’unità minima del gioco del calcio è quindi il podema, la cui fusione con altri podemi, dà forma alle parole calcistiche e queste ultime danno luogo a un vero e proprio discorso che, come tutte le lingue, ha le sue regole sintattiche. E, come ogni atto di linguaggio, ogni calcio al pallone è un atto performativo, direbbe il linguista e filosofo inglese John Austin. Nella sua esatta e irripetibile espressione quell’atto ha luogo, esiste e comunica: è di fatto un atto di parole, concluderebbe un altro linguista svizzero, Ferdinand de Saussure.
Sport da sempre mainstream, oggi spesso snobbato e criticato per i suoi eccessi, per Jean-Paul Sartre è comunque «una metafora della vita» e la passione di Pasolini verso il calcio è ormai diventata leggenda.
In mezzo alle infinite “partitelle” pasoliniane c’è da ricordare un “partitone”, un piccolo evento di storia contemporanea, ricco di suggestioni e di echi simbolici.
Va sotto il nome di Centoventi contro Novecento, ed è l’epica sfida calcistica che si svolse nel lontano 16 marzo 1975 al parco della Cittadella di Parma. Protagoniste sul campo le troupes cinematografiche di due film che si stavano girando negli stessi mesi e negli stessi territori: Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini e Novecento di Bertolucci.
Partita leggendaria, si diceva, ovviamente non per motivi calcistici (benché in campo vi fosse, mescolato ai cinematografari, un ancora adolescente Carlo Ancelotti), ma perché vedeva incontrarsi e scontrarsi due grandi registi, due amici che avevano litigato (per via di Ultimo tango a Parigi), due visioni del cinema, dell’arte, del mondo. Pasolini naturalmente era in campo a giocare, Bertolucci in panchina a tifare e a partecipare come non mai al gioco del calcio, che a lui poco interessava.
Se volete sapere come andò, come finì, chi vinse etc. etc., potete guardarvi l’ottimo docufilm omonimo, Centoventi contro Novecento, scritto Alessandro Di Nuzzo e diretto da Alessandro Scillitani, entrambi di Reggio, che racconta quella memorabile giornata restituendo l’atmosfera del cinema, della cultura, della società italiane nei difficili, talora drammatici, anni Settanta.
Per quella sfida si sono scomodate categorie impegnative, si è parlato addirittura di utopia contro distopia: il sogno marxista rivoluzionario del Novecento bertolucciano (dai toni fin troppo trionfali, tanto che al PCI non piacque molto) contro il teatro della crudeltà assoluta, senza luce né speranza, di Sade applicato da Pasolini ai torturatori repubblichini.
Ma forse anche quella di Parma era solo una “partitella”, voluta per sgranchirsi un po’ le gambe, allentare la tensione e lo stress di due set molto impegnativi – la realizzazione di Novecento durò un anno intero – vuotare la mente dando due sani calci al pallone. Come sempre. Come vorremmo fare adesso, per esempio.
Azzardiamo una profezia. Quando sarà finalmente terminato questo periodo di (giusti) divieti, di attività sportive mancate, di parchi e campetti chiusi, forse vedremo rinascere, insieme ai campionati maggiori e alle coppe europee di calcio imprescindibili per ogni tifoso e pare per la vita democratica stessa del Paese, anche le buone, vecchie “partitelle”, nei parchi riaperti o in qualche spiazzo verde di fortuna. E magari non saranno solo i bambini e i ragazzini a giocare. Magari scopriremo anche qualche adulto, con una ritrovata voglia di assembramento “pallonaro”. Sarà un segno, uno dei segni dell’avvenuta liberazione. Quella più importante, quella dell’animo.

www.aliberticompagniaeditoriale.it
su ibs.it, amazon.it
Acquistabile con 18App e Carta del Docente

Dal 4 al 10 maggio 2020
Ebook gratuito per tutti gli store online

Condividi: