La speranza è nella bellezza

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“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe
di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà”
Peppino Impastato

L’idea, in architettura, è strumento di progetto e di invenzione: da una parte il concetto immaginato, platonico, alto, che si vuole comunicare e a cui si tende, e dall’altro quel pensiero, non più assoluto, diventa concreto, dotato di una sua sostanza e particolarità, aristotelico: viene inserito in un contesto reale ed empirico. La prima idea ha a che fare con l’interiore, il trascendente, il perfetto; la seconda con l’immanenza delle cose, con la realtà, con il tentativo di calare quell’immagine sognata e concupita in un linguaggio corporeo, fruibile, funzionale, fantasioso, sempre differente e perfettibile. L’equilibrio tra queste due componenti, o lo squilibrato ma armonioso interagire tra esse, genera Bellezza.
Più che mai oggi abbiamo evidenza che il combattimento in atto è su un piano alto: rifiutare la sfiducia, mantenere la capacità di meravigliarsi, di stupirsi, perdonare, rimanere responsabili, stabili nella ricerca della felicità. Bellezza è, soprattutto, una forma sensoriale di speranz(Mariapia Metallo – La bellezza come forma sensoriale di speranza)
Come ri-scoprire la speranza nella bellezza? Ripercorrendo la storia, essa ci viene in aiuto.
È commovente che la popolazione di una città si ostini a portare avanti, con spirito di dedizione collettiva, il Tempio Espiatorio della Sagrada Famiglia di Barcellona. Un monumento-simbolo che vede la posa della prima pietra il 19 marzo 1882, definito l’opera eternamente incompiuta ed già uno dei pilastri della storia dell’architettura moderna. Un inno alla speranza, quasi un impresa della collettività, che solo in tempi odierni vede una possibile data di completamento (2026), esattamente 100 anni dopo la scomparsa dell’architetto che ne ha progettato e guidato la costruzione, Antoni Gaudì.
Indubbiamente quest’opera, in parte, racchiude il misticismo di Gaudì, che la considerava non semplicemente architettura sacra, ma omaggio a Dio. A chi domandava quando sarebbero terminati i lavori della Sagrada Familia, rispondeva: “il mio cliente non ha alcuna fretta. Dio ha tutto il tempo del mondo”. La realizzazione di «un’opera aperta», in perpetua costruzione, era una tra le primarie necessità di Gaudì: essa diventa espressione di profonda fede religiosa ed impegno etico di una intera esistenza. Egli dedicò alla Sagrada Famiglia molti anni di lavoro: da un certo punto in poi (dal 1914 circa) fino alla fine della sua vita non si dedicò ad altro, forse trovando nell’opera stessa una sorta di reazione personale contro le vicende che da quel momento sconvolsero l’Europa e il mondo. Decise infatti di ridursi a vivere in una stanzetta dentro il cantiere stesso della Chiesa, allo scopo di non dividersi mai, neppure materialmente, dal suo “oggetto” divenuto pensiero dominante, l’unica via di salvezza, forse, dalla propria morte (Laura Vinca Masini, I maestri del Novecento, collana diretta da H.L. Jafè e A. Busignani, Sadea Sansoni, 1969, Firenze).
Gaudí, bambino dalla salute cagionevole e delicata, era obbligato a trascorrere lunghi periodi di riposo nelle montagne di Riudoms (non lontano da Barcellona), costretto a immergersi per ore ed ore nella natura, della quale contemplava e memorizzava i segreti. La considerava grande maestra e fonte della conoscenza più elevata, in quanto opera del Creatore. È proprio per questa condizione di fragilità vissuta che ritrova l’essenza e il senso dell’architettura nel seguire i modelli dalla natura stessa creati, rispettandone sempre le leggi. Atteggiamento che si ritrova in tutte le opere, nelle sue infinite variazioni e invenzioni, e che non è mai lasciato al caso o alla scoperta incontrollata. Ogni apparente libertà, infatti, in cui la pietra si fa “organico” e “naturale” è in realtà frutto di un preciso calcolo, di leggi statiche, di rapporti tra spinte, controspinte, di carichi e di forze. Al fondo di questa vena poetica, c’è la serietà, la severità di un costruttore, di un progettista, ma soprattutto di un uomo, che non lascia nulla all’improvvisazione e, contemporaneamente, non accetta niente come definitivo su questa terra, senza stancarsi mai di sperimentare, con grande capacità, fede e coraggio.

“Occorre combinare gli elementi sporgenti con quelli rientranti, in modo che a ciascun elemento convesso, cioè situato in luce piena, ne venga opposto uno concavo, ossia un’ombra”.

È forte in lui la consapevolezza che luci/ombre, vita/morte, fragilità/forza, siano dualismi sempre presenti e che proprio dalla combinazione di essi si origina Bellezza. Un uomo forte e profondamente spirituale (definito Mistico, ne è stato avviato nel 1992 il processo di beatificazione) la cui forza narrativa ed espressiva emerge dalle costruzioni, capaci di raccontare storie affascinanti e fuori dal tempo, coloratissime, ricche di particolari nascosti. Il tentativo di Gaudì è quello di conquistare una forma espressiva, derivata da leggi naturali e “universali”, nello spazio dell’uomo contemporaneo, ormai sconvolto, inadeguato, veloce, fragile, divenuto informe e pauroso: un tentativo di riconquista, con e per l’uomo, di uno spazio “vivibile”.
Uno sforzo intellettuale che sappia dar vita ad un’opera materiale, capace di rispondere alle esigenze dell’uomo di oggi, proiettandosi però verso orizzonti più lontani e trovando nella Bellezza la Speranza.

Maddalena Fortelli e Lorenzo Villa, architetti.
Foto di Mirna Massaccesi
Reggio Emilia, 10/04/2020

Architettura & Design è una rubrica curata dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori di Reggio Emilia.  RIGENERA è il festival dell’architettura contemporanea che si terrà a Reggio Emilia per pensare alla città di domani più densa, versatile, bella, creativa, circolare, per le persone. Il Festival dell’Architettura è un progetto dell’Ordine degli Architetti PPC di Reggio Emilia promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. Vincitore del bando “Festival dell’Architettura”.

 

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